PROSTATA: COME MANTENERLA IN SALUTE

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“Prevenire è meglio che curare. Un uomo dovrebbe
cominciare

a controllarsi dai 40, 45 anni, anche in
assenza di sintomi” 

 

Più facile morire con
il cancro alla prostata che di cancro alla prostata: una diagnosi tempestiva può permettere di guarire.

 

> Danilo Quinto intervista il Prof. Artibani >>

 

Professor Artibani, a che età un uomo deve cominciare a interessarsi della sua prostata?

Prevenire è meglio che curare.  Un uomo dovrebbe cominciare a controllare il proprio
benessere urinario e sessuale a cominciare dai 40-45 anni, in assenza di sintomi. Questo significa: controllare i valori ematici del PSA (antigene prostato specifico); eseguire una ecografia
addomino-pelvica, per controllare reni, vescica e prostata; eseguire un controllo dei genitali esterni ed un’esplorazione rettale. Se prima dell’età indicata, sono presenti dei sintomi urinari o
sessuali di allerta, la valutazione deve essere anticipata.

 

Ci sono dei segnali o dei sintomi che devono far allarmare?

Anzitutto, l’aumento della frequenza minzionale diurna e o notturna. Si considera normale un numero di 7-8 minzioni nell’arco delle
24 ore. Un getto urinario fiacco, prolungato, intermittente, di calibro ridotto; uno sgocciolio post-minzionale significativo; la presenza di bruciori durante la minzione; il comparire di
un’urgenza minzionale o di episodi di incontinenza urinaria notturna: sono tutti sintomi di allarme.

Tra i segni urinari: l’emissione di urine ematiche o scure come la coca-cola; urine torbide e maleodoranti, l’aumento di volume di un
testicolo o della borsa scrotale, un progressivo gonfiore dell’addome inferiore con necessità di allargare la cintura. Altrettanto importanti sono i sintomi e i segni nell’ambito della sfera
sessuale: il comparire di arrossamenti del glande e del prepuzio (possibili spie di un diabete incipiente); l’impossibilità di scoprire il glande per il sopravvenire di una fimosi
post-infiammatoria; la presenza di zone alterate o ulcere sul glande; la comparsa improvvisa o progressiva di un deficit della prestazione sessuale (eiaculazione precoce o ritardata; difficoltà a
ottenere o mantenere l’erezione); l’incurvamento del pene in erezione con comparsa di placche fibrose; l’emissione di sangue con lo sperma. 

 

Quanto sono diffusi i problemi relativi alla ipertrofia della prostata?

Il fatto di essere maschi e l’invecchiamento sono i due promotori delle malattie della prostata.

Con l’aumentare dell’età la prostata tende a crescere progressivamente di volume a partire dai 40 anni. Le alterazioni sono
inizialmente microscopiche; con il tempo, aumentano le dimensioni (ipertrofia prostatica), con il formarsi di noduli multipli adenomatosi nella zona periuretrale (lobi laterali) o verso la
vescica (lobo medio). Nella metà delle situazioni di ipertrofia prostatica compare un disturbo dello svuotamento vescicale con ritenzione urinaria acuta o cronica (ipertrofia prostatica
ostruttiva). L’iperplasia-ipertrofia prostatica avviene a livello della zona interna-centrale della prostata, attraversata dall’uretra. Il cancro della prostata compare invece nella stragrande
maggioranza dei casi nella porzione periferica.

 

 

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Che cosè il PSA e che valore ha?

Il PSA è una sostanza dosabile nel sangue, specifica per la prostata e indice di possibili alterazioni prostatiche. Non è un
marcatore tumorale, perchè può elevarsi per motivi completamente diversi da un cancro della prostata, come l’aumento di dimensioni della prostata, l’infezione/infiammazione della prostata,
traumatismi sulla prostata (ad esempio, una lunga biciclettata). Oltre ai valori assolutati del PSA, vengono dosati o calcolati il PSA libero (non coniugato a proteine circolanti), il rapporto
PSA libero/totale, la densità del PSA (il rapporto tra PSA e dimensioni della prostata) la velocità del PSA (il suo tempo di raddoppiamento). 

 

Ritiene opportuno introdurre uno screening generalizzato della popolazione    Il PSA non è utilizzabile in termini di screening di massa, poiché il numero di soggetti da esaminare per ottenere una riduzione significativa della mortalità specifica o globale
è troppo alto per giustificarlo. Ciò è dovuto anche al fatto che il cancro della prostata è per lo più una malattia a lenta/lentissima evoluzione, per cui gli eventuali vantaggi si vedono a 15
anni dalla diagnosi e in teoria soprattutto nei casi più aggressivi.

È tuttavia in atto in Italia un cosiddetto screening opportunistico, per cui l’aumento della sensibilità preventiva, in particolare
nelle mogli, compagne, madri o figlie, porta comunque all’esecuzione del test in una discreta fascia della popolazione maschile.

 

Se viene accertata l’ipertrofia prostatica benigna, quali esami devono essere prescritti?

In caso di disturbi minzionali e/o ipertrofia prostatica sono da eseguire: esame urine, dosaggio ematico del PSA e della funzione
renale, profilo endocrino (testosterone, FSH, LH, prolattina), uroflussometria (documenta quanto bene o male il paziente urina), e ecografia addominopelvica (con studio dei reni, della vescica
–spessore della parete vescicale e residuo post-minzionale-, e della prostata, eventuale protrusione endovescicale di lobo medio). 

 

Come si cura l’ipertrofia prostatica benigna?

Il trattamento iniziale dell’ipertrofia prostatica sintomatica è medico, con tre categorie principali di farmaci: gli alfa-bloccanti
(agiscono sui recettori alfa a livello del tessuto muscolare prostatico, rilassandolo e migliorando il getto urinario e lo svuotamento vescicale; gli effetti collaterali possono essere
l’ipotensione ortostatica e la eiaculazione retrograda); gli inibitori della 5-alfa-reduttasi (5-ARI) – un enzima che permette la trasformazione del testosterone in diidro-testosterone a livello
prostatico (finasteride, dutasteride) – che assunti cronicamente inducono una riduzione del volume prostatico iniziale di circa il 15% e dimezzano nell’arco di 6 mesi i valori del PSA (gli
effetti collaterali possono essere riduzione della libido, riduzione del volume dell’eiaculato e, raramente, ginecomastia); i fitoterapici, in particolare i derivati della serenoa repens, che
interferiscono con i meccanismi infiammatori a livello della prostata. Può essere utilizzato anche il tadalafil (inibitore della fosfodiesterasi) a basso dosaggio, che ha effetti non solo sulla
prestazione erettiva, ma anche di miglioramento del getto urinario.

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