RIVOLUZIONE BUROCRATICA CERCASI

DI  Ranieri Razzante

 

 

La burocrazia può combattere il Covid. Di questi tempi sembrerà la frase di un folle, comunque politicamente controcorrente. Ma non è così, a ben vedere.

 

Mi riferisco alla principale esigenza del nostro Paese in questo momento storico: preservare la salute dei propri cittadini. E non esistono altre modalità per
raggiungere l’obiettivo, se non quella (in aggiunta agli insostituibili comportamenti prudenziali di ciascuno di noi) della strutturazione di vere e proprie “barriere sanitarie” che curino gli
ammalati e preservino i soggetti sani. Infrastrutture tecniche, logistiche, farmaci, vaccini, tamponi, personale medico e paramedico.

 

La deformazione del giurista, in questi casi, va a occuparsi delle modalità di approvvigionamento di tali risorse, così come l’economista si concentrerà sul
reperimento e sul miglior impiego dei fondi statali e/o europei per far fronte alla pandemia. 

 

Un denominatore comune ai suddetti approvvigionamenti è costituito dalla legislazione in tema di appalti e forniture, che nel nostro Paese – nonostante le recenti
semplificazioni, avvenute in base alla legge 120/2020, che ha convertito il Dl 76/2020 – rimane a mio avviso farraginosa, soprattutto perché risulta dal pericoloso incrocio di norme diverse e
complementari. Per indire una gara d’appalto bisogna fare infatti, contemporaneamente, riferimento al Codice dei contratti pubblici (Codice appalti), al Codice antimafia, alla legge
anticorruzione, ai regolamenti e alle delibere delle Autorità di settore.

 

 

‘PUO’ SEMBRARE UN PARADOSSO,MA SOLO UNA MACCHINA PUBBLICA RINNOVATA PUO’ IMPRIMERE LO SLANCIO NECESSARIO ALL’ITALIA’

 

Ancorché siano stati opportunamente ridotti i tempi di realizzazione delle gare e degli affidamenti relativi a servizi, nonché della costruzione di beni per conto
dello Stato, non siamo ancora in grado di procedere a ordinativi diretti, affidamenti diretti (per lavori al di sotto dei 150mila euro), appalti di opere pubbliche in tempi relativamente
contenuti. Stiamo assistendo alle notevoli difficoltà incontrate, per la verità, da Governi e Pubbliche amministrazioni negli ultimi dieci anni, quando devono procedere a interventi urgenti a
fronte di calamità naturali o a eventi straordinari e imprevisti: non dimentichiamo, infatti, le situazioni ancora pendenti relative ai post terremoti, per prendere un esempio su tutti.

 

Ecco che la burocrazia, sulla quale le competenze sono almeno binarie, può assumere un ruolo strategico a mezzo di interventi che semplifichino i controlli
preventivi e l’accesso alle gare, onde rafforzare semmai quelli successivi agli affidamenti e alle realizzazioni delle opere. Abbiamo necessità, in termini ormai di giorni e nemmeno di mesi, di
nuovi ospedali e/o nuove strutture sanitarie, senza dimenticare che per far ripartire l’economia, flagellata anch’essa dalla pandemia in atto, servirà orientare le ingenti risorse che arriveranno
dalla Unione europea verso obiettivi certi e di pronta implementazione. Gli investimenti strutturali hanno il pregio di portare incrementi significativi in termini di occupazione e di indotto,
andando a ricasco sulle disponibilità ai consumi dei cittadini e sul Prodotto interno lordo. Gli interventi di tipo “sussidiario”, talvolta necessari, notoriamente non possono avere, per banali
considerazioni di economia pubblica, effetti duraturi come quelli accennati.

 

Alcuni suggerimenti operativi che mi sento di fornire in questa sede potrebbero essere:

 

1) abbattimento al minimo (15 giorni) del tempo intercorrente tra decisione e affidamento di opere e acquisti di straordinaria urgenza e necessità, derogando alle
norme sull’affidamento diretto;

 

2) emanazione di un decreto legge con il quale il Governo, ad ulteriore deroga delle attuali norme semplificatrici, individui un elenco tassativo di settori per i
quali le normali regole finora descritte non trovano applicazione, conferendo poteri autorizzativi all’Autorità nazionale anticorruzione, l’Anac;

 

3) applicazione “spinta” dell’autocertificazione, a favore delle imprese che intendono partecipare a procedure selettive comunque denominate;

 

4) incremento di poteri di controllo in corso d’opera, dato che spesso le certificazioni antimafia non si sono rivelate essenziali a limitare le infiltrazioni della
criminalità organizzata nel settore pubblico.

 

A tale ultimo fine si potrebbe adottare anche una restrizione all’osso del sistema dei sub-appalti, il vero punto dolente del contrasto al fenomeno appena
descritto.

 

Le recenti indagini e le operazioni di polizia di questi ultimi mesi evidenziano come l’infiltrazione criminale non si fermi ai mega appalti, ma utilizzi anche le
piccole e medie imprese e le attività commerciali con fatturati modesti, pur di impiegare denaro di provenienza illecita ed acquisire presenze sul mercato e sul territorio. Queste ultime sono le
reali necessità delle mafie degli ultimi anni, e l’eccesso di burocratizzazione della macchina amministrativa dello Stato e delle imprese non può che esasperarne gli effetti. Una pandemia che si
aggiunge a un’altra. E che davvero l’Italia non può permettersi.

 


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